Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta del mercato Usa, di grande interesse per l’Abruzzo e il Colline Teramane. Chiediamo un parere sul tema ad Antonio Paolini, giornalista enogastronomico e coordinatore Guide food Gambero Rosso, membro giuria Biwa, cofondatore Vinodabere.it, docente (elementi di Enologia) Università Tor Vergata Roma, recensore per Wine News.

 

Ad Antonio Paolini domandiamo se il Montepulciano d’Abruzzo ha ancora spazi di crescita sul mercato Usa e in particolare se il Colline Teramane docg può affermarsi come vino di alto valore.

Inoltre, cosa deve fare il sistema vinicolo abruzzese per ottenere riconoscimenti maggiori nel mondo.

 

Credo che gli spazi ci siano, e che – passata per ora la paura di un aumento dei dazi sui nostri vini – vadano sfruttati con tempestività e impegno, vista l’ampiezza e la forza della concorrenza globale. Il primo punto che balza agli occhi è che finora su quel mercato ci si è mossi per lo più per iniziative individuali, o inseriti, ancora una volta individualmente, nei “pacchetti” e tour di promozione (Tre Bicchieri, Vinitaly etc) organizzati da soggetti terzi. Manca sinora una vera “missione” Abruzzo & Montepulciano pensata e condivisa, e alimentata da un budget sufficiente. Lo scopo della missione dovrebbe essere non solo quella di aumentare il volume di venduto, ma soprattutto di indirizzare a una percezione che possa portare a un aumento medio di valore. Che a sua volta, ampliando lo spread positivo, consenta a più soggetti e aziende di proporre prodotti ed etichette interessanti su quel mercato. In questo senso Colline Teramane (forte senz’altro della sua specificità e qualità media, ma debole invece sin qui del pieno riconoscimento sul mercato nazionale e su quelli esteri) ha il massimo dell’interesse a fungere da realtà apicale in un contesto corale, se ben organizzato.

 

Quanto alla seconda domanda: da tempo ritengo che il nodo sia motivare con chiarezza al mercato (Usa e non) e al tempo stesso depotenziare la vistosissima divaricazione di prezzo di cui il Montepulciano è oggetto e che al netto di quello che i migliori brand aziendali hanno saputo conquistarsi sul campo, continua a essere un problema di fondo (un esempio di riflessione è dato da ciò che sta accadendo al lanciatissimo mondo Prosecco). L’unica risposta realistica, a me pare, essere il varo urgente di una Docg regionale Montepulciano d’Abruzzo con individuazioni chiare di sottozone (tra cui la più illustre, per primogenitura e storia, resterebbe la Colline Teramane), ristabilimento il dovere di imbottigliamento in regione per ottenere la fascetta.

Questo scaverebbe un solco visibile e spiegabile, raccontabile tra due grosse fasce di prodotto e di prezzo medio relativo; inoltre, depotenzierebbe in parte l’ombra del gioco al ribasso sulla stima di valore medio del prodotto, che, tra l’altro, è in gran parte gestito da soggetti non abruzzesi, con – diciamo così – il fiancheggiamento di alcune grosse realtà produttive “interne”. Questo passo consentirebbe anche – libero chi volesse restar fuori di farlo, continuando a produrre in Igt o Doc semplice – di pilotare e concentrare su questa fascia di prodotto i fondi disponibili per la promozione, permettendo iniziative ed eventi di rilievo e mirati a spingere e a diffondere la fetta più “alta”, qualificante (e in prospettiva remunerativa) del plafond.